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Torna a nuova vita il ciclo di 14 stampe dipinte, realizzate a metà del XIX secolo presso la bottega dell’artista incisore Joseph Wagner.
E la nota Via Crucis del Wag: ner, conservata nella chiesa di San Zaccaria. La collaborazione tra la committenza e la Soprintendenza è stata oltremodo fruttuosa, ed ora l’opera, nella sua interezza, è pienamente godibile grazie all’intervento della restauratrice Cecilia Peretti, veneziana di 33 anni ma residente a Firenze, con già all’attivo molti lavori in musei ed archivi nazionali.
L’ancor giovane restauratrice spiega che il ciclo era rimasto appeso per molti anni nella cappella a destra dell’abside, luogo inadeguato dal momento che l’opera si stava danneggiando.
«In seguito le stampe sono state spostate in un locale considerato sicuro – racconta Cecilia Peretti – ma sono rimaste vittime all’acqua alta in quell’infausta notte del 12 novembre del 2019. Trattare delle opere di grande formato con colori già fortemente dispersi è stato un lavoro molto delicato e lungo: i risultati dell’intervento si possono ora apprezzare nella sacrestia di San Zaccaria». «Questa è stata l’occasione per tornare a Venezia e mettermi a disposizione della città. La soddisfazione più grande in ogni incarico e quando si realizza la connessione tra competenze e abilità manuale: i beni vivono una rinascita per poi essere restitui-ti. So che essere italiana è stato un privilegio, nascere e crescere a Venezia lo è stato ancora di più, mi ha regalato una sensibilità profonda alla storia e all’Arte. Venezia è unica non solo per la bellezza, ma anche per l’ingegno che la distingue e caratterizza.
Ogni ponte, ogni barbacane, ogni pozzo, finanche ogni omino ferma-persiana. nascondono nella loro semplicità la genialità di risolvere tante piccole problematiche e grandi criticità, senza soffocare la bellezza della città ma impreziosendola armoniosamente. Accorgermi dell’invecchiamento di Venezia, vedere il deterioramento non solo delle pietre, ma anche dei meravigliosi beni che detiene, ha fatto germogliare il primo seme di quella vocazione che oggi per me è una professione: il restauro».
Fonte: ilgazzettino – Tullio Cardona